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plus SANIFICAZIONI

[DIFFERENZE CON LE DISINFEZIONI]

Ad oggi, la luce pulsata UV-C allo Xeno con cui opera SAMS, è l’unica che può essere correttamente definita tecnica di sanificazione considerando obiettivamente i risultati certificati che si ottengono e gli innumerevoli vantaggi rispetto ad altri interventi che più che di sanificazione sono di disinfezione.

Nelle varie sezioni del nostro sito presentiamo e dettagliamo questa tecnologia all’avanguardia di sanificazione, in questa appendice illustriamo le tipologie più comuni di interventi di disinfezione, che per comprovati limiti hanno risultati del tutto diversi meno incisivi e performanti, che sicuramente non permettono di ottenere con certezza, come con la luce pulsata UV-C allo Xeno, una decontaminazione microbiologica quasi totale (99,9%) contro tutti gli agenti patogeni.

Raggruppiamo i più comuni interventi di disinfezione in 4 macro categorie di studio:

  1.  DISINFEZIONE CLASSICA MANUALE con AGENTI CHIMICI (ipoclorito di sodio, etilene, etc.)
  2. DISINFEZIONE ad OZONO con Ozonizzatori o con altri tipi di filtri
  3. DISINFEZIONE con FILTRI HEPA
  4. DISINFEZIONE con OSSIDAZIONE FOTOCATALITICA

1. DISINFEZIONE CON IPOCLORITO DI SODIO DILUITO (O CANDEGGINA)

La disinfezione con ipoclorito di sodio, opportunamente diluito dallo 0,1% allo 0,5%, è, al momento, la disinfezione più utilizzata anche in ambito sanitario.
ll vero principio attivo dell’ipoclorito di sodio per l’eliminazione di virus, batteri, protozoi e funghi, è l’acido ipocloroso che si forma per reazione quando il sale entra in contatto con la membrana cellulare dell’agente patogeno. Una volta scissi i legami di idrogeno dei componenti della membrana cellulare, aggredisce dall’interno l’intera cellula disgregando persino il DNA, bloccando quindi la replicazione cellulare.
Nel caso dei parassiti la situazione è leggermente diversa, infatti, trattandosi di esseri pluricellulari, l’acido ipocloroso non riesce a distruggerli completamente, ma riesce però a provocarne il soffocamento, venendo introdotto nell’organismo attraverso i pori di traspirazione o comunque per osmosi.
In generale, tutti i composti cloro attivi in soluzione acquosa danno origine ad acido ipocloroso (HOCl), dotato di un elevato potere ossidante e in grado di danneggiare le cellule microbiche.
A parità di contenuto in cloro attivo, i composti dotati di maggiore potenziale di ossido-riduzione svolgono un’attività battericida superiore.
L’azione disinfettante punta a distruggere il guscio esterno lipidico del virus.
Il potenziale di ossido-riduzione, a sua volta, è influenzato dal contenuto in cloro attivo e dal Ph.
L’ipoclorito di sodio è disponibile sul mercato in concentrazioni che variano tra l’1.5 e il 15%. Il sodio ipoclorito commerciale è una soluzione concentrata (dal 3 al 5% di cloro attivo) ottenuta mediante processi di chimica di base a basso costo.
Il titolo in cloro attivo è quindi il parametro che più di ogni altro influenza le proprietà dell’ipoclorito di sodio.
D’altra parte, il potere disinfettante di tutti i composti che liberano cloro viene espresso come “cloro disponibile”, in percentuale per i prodotti solidi, in parti per milione (ppm) per le soluzioni in rapporto alla concentrazione.
La varechina contiene già all’origine percentuali variabili di sodio ipoclorito e conseguentemente di cloro, ed essendo inoltre instabile non è possibile fare pieno affidamento sulle concentrazioni riportate in etichetta.

INCERTEZZA dell’AZIONE BIOCIDA

Come detto, numerosi fattori, singoli o associati, condizionano le attività antimicrobiche del cloro: pH, concentrazione, temperatura, materiale organico, presenza di ammoniaca o di composti ammonici, addizione di alogeni. ecc…

Anche per la scarsa stabilità alla luce ed al calore, le soluzioni vanno conservate in recipienti ben chiusi, al riparo da luce e calore; In condizioni non idonee, la degradazione dell’ipoclorito in sale da cucina e ossigeno è molto rapida, e infatti si decompone dopo 20-30’ dalla preparazione e può rendere vane le operazioni di disinfezione a causa della bassa concentrazione di principio attivo nelle soluzioni disinfettanti utilizzate.

Per tutto quanto detto, NON si ha l’assoluta certezza circa l’efficacia del prodotto in questione e, peraltro, la sua efficacia non è sempre la stessa nei confronti dai vari agenti patogeni.

In particolare, nei confronti dell’agente patogeno Covid-SARS-2 (comunemente detto Coronavirus o Covid-19), non ne è stata accertata ufficialmente l’efficacia.

POSSIBILI DANNI PER LA SALUTE UMANA

L’ipoclorito di sodio, per quanto diluito, è un prodotto notevolmente irritante, corrosivo e tossico; pertanto va evitato il contatto con la pelle e con gli occhi e, ad alcune concentrazioni può causare problemi di respirazione.

Inoltre l’uso di cloro o ipoclorito in molti paesi è stato significativamente ridotto a causa della possibilità di formazione di sottoprodotti cancerogeni come i trialometani (THM) durante il processo di disinfezione.

PERICOLO DI ESPLOSIONI E/O REAZIONI CHIMICHE

Deve essere trattato con particolare attenzione e non deve essere miscelato con ammoniaca per evitare il pericolo di esplosioni e/o con acidi.

AGENTI CHIMICI A SUPPORTO

Altri disinfettanti chimici vengono usati per la disinfezione dell’aria, di solito mediante vaporizzazione o spruzzatura. Tuttavia, questi disinfettanti chimici sono generalmente difficili da decomporre, lasciando residui chimici tossici che sono pericolosi per la salute umana.

Documento SNPA sulla pulizia degli ambienti esterni, uso di disinfettanti clicca qui

2. DISINFEZIONE con OZONO (TRAMITE OZONIZZATORI) o con altri tipi di filtri

L’ozono (O3) è un gas instabile comprendente tre atomi di ossigeno.
È instabile perché il gas si degrada rapidamente al suo stato stabile, ossigeno diatomico (O2) con la formazione di atomi di ossigeno libero o radicali liberi.
Gli atomi di ossigeno liberi o i radicali sono altamente reattivi e ossidano quasi tutto (compresi virus, batteri, composti organici e inorganici) nei contatti, rendendo l’ozono un disinfettante e ossidante efficace.

L’ozono è un noto ossidante potente che agisce efficacemente nei confronti dei microrganismi. Le applicazioni dell’ozono nei trattamenti delle acque e delle acque reflue sono ben documentate ed è ampiamente utilizzato dalla maggior parte delle città moderne. Sebbene gli studi sull’utilizzo dell’ozono per disinfettare l’aria siano relativamente limitati, i risultati sperimentali (2,3) indicano che l’ozono potrebbe anche essere un efficace disinfettante dell’aria come nell’acqua.

INEFFICACIA ED INCOMPLETEZZA PER LA DISINFEZIONE DELL’ARIA

Il notevole svantaggio dell’ozono è insito nella sua NON APPLICABILITA’ nella disinfezione dell’ARIA; infatti se vi sono diverse applicazioni per quanto riguarda la disinfezione dell’acqua, non è altrettanto efficace per la disinfezione dell’aria a causa della preoccupazione per la sua tossicità.
Infatti, vista la sua breve emivita, l’ozono non può essere prodotto e conservato, ma è necessario che venga generato in situ al momento dell’utilizzo attraverso gli ozonizzatori.
Quindi, l’utilizzo di tale gas avviene tramite Ozonizzatori che sono, essenzialmente, apparecchi nei quali passa l’aria da trattare/sanificare; quindi tali attrezzature riescono a pulire SOLO l’aria che si trova a breve distanza dall’unità/apparecchio. L’esito della “sanificazione” è quindi quanto meno “incerto” e, in ogni caso, incompleto poiché non si riesce a sanificare in maniera completa l’intero ambiente.
Inoltre i diversi batteri mostrano una sensibilità variabile all’ozono, mentre il meccanismo di azione dell’ozono sui virus non è sicuramente quello di una distruzione, come nel caso dei batteri, ma di un’inattivazione; l’azione dell’ozono consisterebbe in un’ossidazione, e conseguente inattivazione, dei recettori virali specifici utilizzati per la creazione del legame con la parete della cellula da invadere. Verrebbe così bloccato il meccanismo di riproduzione virale a livello della sua prima fase: l’invasione cellulare.
In particolare, nei confronti del SARS – Cov-2 (Coronavirus o Covid-19) NON VI È ALCUNA EVIDENZA SCIENTIFICA delle attività disinfettanti; prova ne è che l’Istituto Superiore della Sanità ne ha, solo recentemente, autorizzato la sperimentazione, proprio al fine di provare l’efficacia; ciò a differenza di quanto dimostrato e certificato per la tecnologia delle radiazioni ultraviolette ad altissima intensità.
TEMPI LUNGHI DI INTERVENTO
Per quanto appena detto, i tempi per la disinfezione dell’intero volume di aria presente nell’ambiente sarebbero eccessivamente lunghi e si creerebbero, quindi, degli inconvenienti per le persone che devono utilizzare gli ambienti.

POSSIBILI DANNI PER LA SALUTE UMANA

L’ozono con concentrazione superiore a 1 ppm ha effetti negativi sulla salute umana e l’uso dell’ozono per la disinfezione dell’aria non è generalmente raccomandato con la presenza di persone. Pertanto, la disinfezione dell’aria mediante ozono deve essere limitata a soli ambienti non occupati.

In buona sostanza, tutti questi apparecchi che vanno, più comunemente, sotto il nome di “Ozonizzatori”, oltre a NON POSSEDERE L’AUTORIZZAZIONE come “dispositivi medici”, sono dei semplici “IGIENIZZANTIe nulla hanno a che fare con la sanificazione.

Questo evidentemente è un particolare di estrema importanza, in quanto il messaggio che talune aziende produttrici stanno diffondendo con martellante veemenza mediatica configura che un ambiente trattato con tali dispositivi possa essere idoneo all’accoglienza e sicuro sotto l’aspetto microbiologico.

In merito ad apparecchiature che vantano azioni disinfettanti e/o sanificanti sempre il Ministero della Salute specifica che: I dispositivi medici disciplinati dal decreto legislativo n. 46 del 1997 (cioè tutti quelli che non sono né impiantabili attivi, né diagnostici in vitro) sono suddivisi in quattro classi (classe I, II a, II b e III), secondo le regole di classificazione specificate nell’allegato IX dello stesso decreto. I dispositivi di classe I sono quelli che presentano minori rischi sotto il profilo della sicurezza, i dispositivi di classe III sono quelli di maggiore criticità.

Quanto sopra è consultabile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1&area=dispositivi-medici&menu=caratteristichegenerali

3. DISINFEZIONE CON FILTRI HEPA

Un altro metodo di purificazione dell’aria noto è quello di utilizzare i filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air). I filtri HEPA possono catturare particelle di dimensioni fino a 0,3 micron, quindi i batteri con dimensioni superiori a 0,3 micron potrebbero essere intrappolati nel filtro.

INCOMPLETEZZA PER LA DISINFEZIONE DELL’ARIA

Un altro metodo di purificazione dell’aria noto è quello di utilizzare i filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air). I filtri HEPA possono catturare particelle di dimensioni fino a 0,3 micron, quindi i batteri con dimensioni superiori a 0,3 micron potrebbero essere intrappolati nel filtro.

Sebbene i filtri HEPA siano efficaci nel ridurre i batteri presenti nell’aria, non sono altrettanto efficaci per rimuovere virus di dimensioni nanometriche (10-9 m). Inoltre, per poter essere pulita, l’aria deve passare attraverso il filtro. Quindi i filtri HEPA possono solo pulire l’aria che si trova a breve distanza dall’unità HEPA. Questi inconvenienti rendono i filtri HEPA un candidato insoddisfacente in particolar modo per la disinfezione delle aree contaminate da virus e batteri come la SARS.

4. DISINFEZIONE con OSSIDAZIONE FOTOCATALITICA

Il processo chimico che sta alla sua base è, in pratica, un’ossidazione che si avvia grazie all’azione combinata della luce (solare o artificiale) e dell’aria. Questi due elementi, a contatto con le superfici, favoriscono l’attivazione della reazione di foto-ossidazione e la conseguente decomposizione delle sostanze organiche ed inorganiche, dei microbi, degli ossidi di azoto, degli aromatici policondensati, ecc..

Tale processo chimico risulterebbe molto lento se avvenisse naturalmente; per questo si è resa necessaria la presenza di un altro elemento detto “fotocatalizzatore” che, grazie sempre alla luce (naturale o artificiale), accelera la velocità della reazione chimica e, più precisamente, dell’ossidazione che porta alla decomposizione delle sostanze organiche e inorganiche che entrano a contatto con la superficie del foto-catalizzatore.

Trai vari foto-catalizzatori, il biossido di titanio è un buon fotocatalizzatore attivabile mediante una radiazione elettromagnetica di opportuna lunghezza d’onda; questo, influendo sulla velocità di una reazione chimica, ne diminuisce l’energia di attivazione, rendendo il processo termodinamicamente più favorito.

Esso è dunque ampiamente utilizzato nei processi che fanno uso di reazioni foto catalitiche.

INEFFICACIA ED INCOMPLETEZZA PER LA DISINFEZIONE DELL’ARIA

Lo svantaggio principale di tale tipo di tecnologia è molto simile (per non dire uguale) a quella ad ozono, in quanto le apparecchiature dove avviene tale processo di ossidazione fotocatalitica, sono molto simili agli ozonizzatori e la disinfezione è strettamente legata alla portata d’aria che riesce ad attraversare l’attrezzatura.

Quindi tali attrezzature riescono a pulire SOLO l’aria che si trova a breve distanza dall’unità/apparecchio. L’esito della “sanificazione” è quindi quanto meno “incerto” e, in ogni caso, incompleto poiché non si riesce a sanificare in maniera completa l’intero ambiente.

TEMPI LUNGHI DI INTERVENTO

Per quanto appena detto, i tempi di disinfezione dell’intero volume di aria presente nell’ambiente sarebbero eccessivamente lunghi e creerebbero degli inconvenienti per le persone che devono usufruire degli stessi ambienti.

Approfondimenti sull’ossidazione catalitica clicca qui

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